domingo, 20 de septiembre de 2009

SEMINARA, UNA CITTÀ MUSEO

CONCETTINA COLLURA AGRADECE AL COMUNE DI SEMINARA POR SU PUBLICACIÓN







Seminara

Comune della Provincia di Reggio Cabaria, è composta dal centro e da frazioni:
BARRITTERI, che dista 5 km dal centro;
S. ANNA, che dista 2 km dal centro;
PAPARONE che dista 6 km dal centro.
Il suo territorio si estende per kmq 33,55 confinando con i comuni Palmi, Bagnara, Gioia Tauro, Melicuccà, Oppido Mamertina, Rizziconi, S. Procopio e con il mar Tirreno. Dista 52 km dal capoluogo(Reggio Calabria).
E’ facilmente reggiungibile tramite due uscite autostradali della A3 SA-RC:
- Lo svincolo di Palmi (4km) e quello di S. Elia- Piani Corona(5 km).
POPOLAZIONE: circa 3500 abitanti
Altitudine:m. 290 slm
C.A.P.: 89028

CENNI STORICI

La Città di Seminara fu uno dei centri più importanti del regno delle Due Sicilie. Insediamento bizantino, castellato fin dal VII secolo, divenne, secondo il Fiori, importante centro urbano quando, nel 951, dopo la distruzione di Taureana ad opera dei Saraceni Agareni, la parte più electa ed il Vescovo di quella Città si rifugiarono tra le mura del suo castello.
Sede vescovile fino al 1086, cominciò ad ingrandirsi divenendo un florido centro economico e commerciale.
I Normanni la munirono di poderose mura difensive, tracce delle quali sono tutt’ora visibili negliponenti Archi di Rosea.
Bizantina, poi Normanna, Sveva ed Angioina, Seminara mantenne la lingua, la cultura, la tradizione greca ed il rito ortodosso fino al tardo 1300, quando soccombette sotto la forzata latinizzazione attuata dagli Angioini.
Esempio più notevole dell’assimilazione della cultura greca fin dai tempi delle prime colonización del VII ed VIII secolo A.C è la produzione della ceramica, in particolare delle maschere “apotropaiche”, delle ancore, delle “bumbule” e delle “quartare”.
Atraversata dalla via Popilia, strategica arteria consolare che da Capua raggiungeva la Sicilia, comprendeva, fin dal 1500, nel suo vasto territorio, i casali di Palme (oggi Palmi), De Castidium (oggi Sant’Anna), Strangi, Petrolo, Sant’Andrea e Sant’Opolo, questi ultimi quattro non più esistenti alla fine del XVII secolo.
Durante tutto il 1400 fu teatro di lotte tra Angioini ed Aragonesi; in particolare, il 21 giugno del 1495, in località denominata “Figurella”, i due eserciti si scontrarono in una battaglia cruentissima che vide i francesi vittoriosi; questi ultimi, il 10 aprile del 1503, furono peraltro definitivamente battuti dagli spagnoli, evento che determinò il definitivo ritiro dei francesi dal Regno di Napoli. La battaglia del 1503 è riportata in tutti i manuali militari in quanto, per la prima volta, vennero usati nell’Italia meridionale pezzi di artiglieria.
Nel 1495 la Città, all’epoca Demanio Regio, venne venduta dal Re Ferrante II per 4000 ducati a Carlo, rampollo della potente famiglia napolitana degli Spinelli che ne divennero feudatari fino al 1806.
Divenuto il centro più populoso della Calabria Ultra Prima (4725 abitanti nel 1532; 7150 nel 1561), fu tra le Città meridionali più importanti per la rpoduzione della seta e dell’olio.
A conferma del prestigio del quale Seminara Godiva, il 3 novembre 1535 I’mperatore Carlo V, di retorno, victorioso, dalla presa di Tunisi, entrò triunfalmente in visita nella Citta.
Dal 1500 al 1700 essa dominò la vita culturale e politica della Calabria Ultra Prima con le sue 33 chiese, i suoi 8 monasteri, i suoi 16 istituti finanziari, le 3 accademie di cultura, un hospédale ed un teatro.
Distrutta completamente dal terremoto del 5 febbraio 1783, venne ricostruita più a monte dello stesso crinale aspromontano.
Patria dei due più dotti intellettuali bizantini nati nel meridione, il monaco Barlaam e il letterato Leonzio Pilato, mantiene, del uso glorioso passato, testimonianze importanti. Infatti, come osservato dal prof. Francesco Negri Armoldi, possiede il più alto numero delle opere scultoree di tutta la Calabria, in massima parte conservate nella sede municipale; per tale motivo è considerata dagli storici dell´arte una piccola città museo.

Seminara Nell’ Arte – Le Chiese

Secondo la tradizione popolare, la statua lignea della Madonna dei Poveri fu rinvenuta verso la metà del X secolo a Taureana, nei pressi delle rovine della cjiesa di S. Fantino, annerita dalle fiamme dell’ultimo saccheggio dei saraceni. La tradizione riferisce che questa sacra immagine si mostrò miracolosa fin da quando fu scoperta. Difatti, mentre si era rivelata pesante ed irremovible ai reiterati tentativi da parte delle autorità civili e religiose, al contrario, si lasciò sollevare, lieve e quasi condiscendente, dalle braccia dei più umili popolani, i quali da quel momento la acclamarono e la venerarono col nome di Madonna dei Poveri. Migliaia di pelegrini, ogni anno, giungono da ogni parte dÍtalia e non solo per presenziare ai festeggiamenti che dal 31 luglio al 15 agosto sono tenuti in suo onore a Seminara; dal suo apparire fino ai giorni nostri, numerorissimi sono i miracoli attribuiti alla statua dalla tradizione religiosa popolare, tanto che I’appellativo di taumaturgica accompagna il nome della Madonna dei Poveri. La Madonna Nera dei Poveri o Bruna di Seminara, detta anche MADONNA NERA CRECA DI S. BASILIO MAGNO è, a parere di tutti gli studiosi e della sovrintendenza per i beni artistici, la più antica Statua Lignea di tutta la Calabria se non di tutta L’Italia Meridionale.
La statua , dipinta intensamente in nero e ricoperta da uno strato di oro zecchino diradatosi nel corso dei secoli, è tipica delle sculture Bizantino-Arabesche.
Portata in Occidente dai monaci Bizantini che, durante L’VIII sec., fuggivano dalle persecuzioni iconoclaste scatenate dall’Imperatore Leone III L’lsaurico, la Statua fu dapprima venerata a Taureana e, dopo la distruzione di questa città nel 951 ad opera dei Pirati Agareni, trasportata a Seminara. Il primo documento ufficiale che la indica chiaramente risale all’anno 1325.
Nel 1586, da parte del Vescovo di Mileto, Mons. Del Tufo, si ha la prima descrizione dettagliata della Statua, che già veniva indicata come antichissima.
Venerata da Re ed Imperatori (Ruggero II il Normanno, Ferdinando II di Spagna, Carlo V che visitò Seminara il 3 novembre 1535), la Estatua era anticamente fissata e posta a mò di ICONA in una nicchia come I’antico chiodo posto dietro sta ad indicare. Alta 92 cm, la Vergine tiene sul braccio destro un bambino.
L’attuale trono, in oro laminato, risale alla metà del 1700, dono della ricchissima famiglia Sanchez, di origine Spagnola.
Per due volte, nel 1783 en el 1908 a causa del terremoto, si salvò dalla distruzione totale della città di Seminara. Veneratissima in tutta I’Italia Meridionale è oggetto di grande FEDE e pellegrinaggi.
La sua processaione avveniva anticamente ogni 15 agosto e, dopo il terremoto del 1908, avviene ogni 14 agosto.
Fino alla fine del 1800 la processione era resa ancora più spettacolare per la presenza di un maestoso CARRO RELIGIOSO detto “DELLA BRUNA” o “ VARA”, che la seguida per le vie del Paese.

CHIESA GRECA

È un classico modello di arte sacra bizantina (sviluppo planimetrito cruciforme, con il braccio d’ingresso più Lungo degli altri, e la centralità dello spazio, sottolineata dal tamburo centrale, sovrastato da un tetto conico) in cui si esprime con chiarezza la semplicità, assai raffinata, per via di alcune caratteristiche che la connotano: la dissimulazione ambientale(la Chiesa è ubicata nella parte bassa del centro abito, ad est della chiesa di rito romano di Sant’ Antonio dei pignatari, già Santa Maria dei Miracoli, nella cui piazzetta antistante è stata posta nel 2001 una statua bronzea di Leonzio Pilato, opera dello scultore Maurizio Carnevale) e I’opera, il cui ornamento esterno è affidato ai giochi delle tegole e dei matón(materiali, questi reperiti nelle campagne circostanti), per cui si ha I’impressione di trovarsi di fronte ad chiesa ben restaurata e non ad una fatta ex novo.
All’interno le pareti sono state ricamente affrescate nel classico stile bizantino, con le immagini di Cristo e dei Santi del periodo di riferimento. Gli affreschi sono stati eseguiti da un artista fatto venire appositamente dalla Grecia. Entrando nella chiesa si ha un bel colpo d’occhio e lo spettatore rimane incantato dalla figurazione e dalla vivacità dei colori.

PALAZZO MUNICIPALE
Si trovano 4 bassorilievi cinquecenteschi in perfecta factura, che costituiscono il basamento del monumento dedicato a Carlo V che era situato nell’antica piazza dello spirito Santo, presso la porta settentrionale della vecchia Seminara, distrutto dal terremoto del 1783. Raffigurando le famose battaglie tra Francesi e Spagnoli del 1495 e del 1503. I’ntrata trionfale de Carlo V in Seminara e le scene dei festeggiamenti organizzati in suo Nome.
Sempre nel palazzo municipale si trovano custodite due sculture granitiche raffiguranti dei monaci in preghiera provenienti dall’ antica Città di Seminara, secolo XII- XIII.

PALAZZO MEZZATESTA


Si considera il Palazzo Mezzatesta residenza dei Duchi Spinelli. Dopo la loro partenza (1806) il palazzo passò alla famiglia Mezzatesta che lo riedificò sulle strutture cinquecentesche danneggiate dal terremoto del 1783.
Infantti, la struttura presenta una diversità di stile:la porta e il frontone centrale sono tipicamente cinquecentesche, il resto ottocentesco. Danneggiato dal terremoto del 28 dicembre 1908 non è stato più riedificato.

CONVENTO DEI CAPPUCCINI
Fu fondato nell’anno 1560 da Carlo Spinelli, duca di Seminara, che alla sua morte(1563)fu seppellito nella chiesa del convento, come aveva ordinato. Intitolato al SS. Hecce Homo, dopo il terremoto del 1783 fu chiuso e venne riaperto nel 1799; soppresso nel 1811, riattivato nel 1824, fu definitivamente chiuso nel 1860.

I PERSONAGGI ILLUSTRI

BARLAAM DI SEMINARA

Bernardo Barlaam(Seminara 1290 – Avignone 1348) – Monaco basiliano, teologo, filosofo, matematico ed astronomo, ebbe gran parte nelle questioni teologiche che infiammarono Bisanzio agli inizi del XIX secolo. Venne nominato Vescovo di Gerace dal papa Clemente VI nel 1342.
Riconosciuto come il massimo Teologo bizantino calabrese, si formò spiritualmente e culturalmente nel Monastero Imperiale Ortodosso di Sant’Elia e San Filarete di Seminara, il più importante centro culturale della Calabria meridionale. Consacrato monaco di San Basilio Magno nel monastero di San’Elia di Capasino, presso Calatro, Barlaam svolse la sua attività spirituale a Seminara.
Postosi subito all’attenzione per le sue straordinarie doti intellettuali e come dotto in teologia e filosofia, verso il 1328 venne chiamato dal nuovo Imperatore di Constantinopoli, Andronico III, e dal Gran Domestico Giovanni Cantacuzeno nella Capitale dell’Impero Romano d’Oriente divenendo il maggiore Teologo della Chiesa di Bisanzio. Proclamato Maestro della Teologia da Divino Dionigi Aereopagita, nel 1334, il Patriarca di Constantinopoli, Giovanni XVI Caleca, gli affidò il compito di rapresentare la chiesa ortodossa durante il tentativo unionistico con i rappresentanti della Chiesa Latina(i Verscovi Francesco da Camerino e Riccardo di Cherson).
Durante questo tentativo, la cui riuscita doveva portare anche ad un’alleanza militare contro i Turchi, ormai alle porte di Costantinopoli, Barlaam confutò, punto per punto, il Dogma Trinitario Latino, ricorrendo a sillogismi dialettici per difendere, strenuamente, il dogma Greco sulla Processione dello Spirito Santo e sul Filioque. La difensa strenua del Dogma Greco non fu, però, un atteggiamento chiuso e preconcetto verso i Latini, preocupato com’era, Barlaam, che dall’eventuale fallimento delle trattative non sarebbe potuta nascere I’Impero dai Turchi. La rigidezza dei Legati Papali e del clero Ortodosso, che attaccarono il modo di procedere del Barlaam, fecero fallire le trattative e, definitivamente la posibilità di salvezza di Bisanzio. In seguito a questa esperienza, il teologo Seminarese compose, in greco, il suo capolavoro: I’opera teologica Contra Latinos, tradotta e pubblicata, dopo 750 anni e recentemente dalla Biblioteca Apostolica Vaticana. Nel 1339, Andronico III inviò Barlaam in missione segretissima ad Avignone presso Papa Benedetto XII, per trattare un’alleanza politico – militare tra il Papato, gli Angioini e Bisanzio. La missione fallì per reciproche ed insanabili diffidenze. Ritornato a Costantinopoli, egli riprese I`insegnamento nelle Scuole di teologia di Costantinopoli e di Tassalonica. Scrisse il De Primatu Papae, confutando tutto ciò che teologicamente sosteneva il dogma cattolico sul Primato del Papa. E’ in questo periodo che si scontra con il monaco Gregorio Palamas, il maggiore teologo dell’Esicasmo, i cui seguaci sostenevano, attraverso pratiche di preghiere psico-fisiche, con influssi mistico orientali, di vedere la luce increata del monte Tabor, la stessa vista dagli Apostoli durante la Trasfigurazione. Barlaam avversò con grande fervore gli Esicasti, accusandoli di Massaliniamismo e, cioè, di pretendere di vedere L’Essenza Divina con gli occhi del corpo, cosa negata persino da Platone . combatte, anche, la loro tentazione di portare ciò che rimaneva dell’Impero di Bisanzio all’isolamento totale. Accusato di latinofonia, venne dichiarato eretico nel Concilio di Costantinopoli del Giugno 1341 ed i suoi scritti bruciati davani alla Porta di Santa Sofia. Il Monaco lasciò Constantinopoli e si portò a Napoli dove riordinò I’imponente Biblioteca di Roberto d’Angiò e conobbe Paolo da Perugia, aiutandolo a comporre I’Opera a carattere mitologico le Collactiones.
Giovanni Boccaccio, che lo incontrò personalmente, tracciò un mirabile ritratto di Barlaam: uomo di piccola statura ma di grande scienza e di maniera, nelle Greche lettere dotto, che aveva privilegi di Imperatori e Principi greci e dotti uomini...
Forse convertito al cattolicesimo, il grande teologo Seminara venne chiamato ad Avignone da Clemente VI. Lì conobbe Francesco Petrarca al quale, dal maggio al novembre 1342, insegnò, sui testi dei Dialoghi di Platone, i primi elementi della lingua greca. Nominato, per interesamento del Petrarca stesso, Vescovo della Diocesi di Gerace, continuò la sua opera diplomatica a favore della creazione di un’alleanza militare con Bisanzio. Nel 1346 ritornò, inviato del Papa, a Costantinopoli per tentare una nuova trattativa con i Bizantini, ma i suoi nemici, ormai al potere a Bisanzio, lo costrinsero a ritomare ad Avignone minacciandolo di morte. Nel 1347, per alcuni mesi, riprese I’insegnamento del greco al Petrarca. Morì ai primi di giugno del 1348 forse di peste. Scrisse importantissimi trattati di matematica, astronomia, acustica e musica (La Logistica, manoscrito conservato nella Biblioteca Nazionale Marcina di Venezia e tradotto in greco moderno, tedesco, francese, slave e inglese).
Scrisse, in latino Ethica secundum Stoicos, che costituise una fonte importantissima sul pensiero greco, da Platone agli stoici. Gran parte delle sue opere furono messe al rogo, ma quelle che sono rimaste vengono studiate in tutto ol mondo, anche se gran parte di esse rimangono, purtroppo, inevite. L’università Cattolica di Lovanio(Belgio) studia i trattati di Astronomia di Barlaam. Studi sulle sue opere teologiche e di erudizione sono in corso in Italia, Grecia, India, Svizzera, Germania, Serbia, Russia, Canada.

Leonzio Pilato( XV sec.)

Detto il “Tessalo” per la conoscenza della cultura greca, fu maestro del Petrarca e del Boccaccio.
Traduttore dell’ iliade e dell’Odisea del greco al Latino, nacque a Seminara nel primo decennio del XIV secolo da genitorio di ceppo greco. Ricevette, come egli stesso sostiene, i primi insegnamenti di lengua e cultura greca da Barlaam che gli fu maestro.
Verso il 1341/2 lo troviamo a Napoli, dov’è conosciuto come grande esperto di Mitologia greca tanto da essere interpellato da Paolo da Perugia sull’interpretazione del Mito greco di Penteo e, quindi, dei Misteri di Dionisio. Verso il 1346/7 Leonzio Pilato, forse mandato da Barlaam a perfezionarsi nella lingua e letteratura greca, si reca nell’isola de Creta. Qui rimane per circa 10 anni e si procura da vivere tenendo lezioni per i figli della nobiltà veneziana, allora padroni dell’Isola. Ritornato in Italia attraverso Venezia, nell’inverno del 1358 lo troviamo a Padova dove acquisisce grande fama per la sua straordinaria capacità di tradurre dal greco, lingua allora quasi del tutto sconosciuta in Italia. Francesco Petrarca, che lì si trovava, possedendo un codice greco dell’Iliade, lo contattò perchè traducesse le opere immortali di Omero.
Leonzio iniziò la traduzione dei primi 5 libri dell’Iliade secondo la tecnica antica del verbum de verbo che mirava a far rispettare assolutamente I’ Opera altrui con una riverenza quasi sacra per la parola in se stessa e con note di spiegazione, ai margini, di tipo parafrastiche, esegetiche del testo. Questo modo di tradurre non piacque al Petrarca, che cercava più lo spirito piuttosto che la lettera traduzione, secondo i precetti di san Girolamo. Arrivato al verso 3401, Leonzio Abbandonò la traduzione dell’Iliade e decise di avviarsi ad Avignone, sdegnato dall’atteggiamento del Petrarca.
La partenza di Leonzio privava il Petrarca dalla possibilità di conoscere, nella lingua dei Latini, i Poemi Omerici, per questo ne parlò a Giovanni Boccaccio. Il Bocaccio, memore di avere conosciuto Leonzio attraverso le parole esaltanti di Paolo da Perugia, si mise sulle tracce del Seminarese e, dopo averlo ritrovato, lo convinse a seguirlo a Firenze e portare a termine la più straordinaria operarazione culturale del ‘300: la traduzione completa dell’Iliade e dell’ Odisea.
Bocaccio convinse la Repubblica di Firenze ad intituire la prima Cattedra di Lingua greca in Italia, e a dare a leonzio Pilato la direzione didattica e tenere pubbliche lezioni di lingua e tetteratura greca. Dal 1360 al 1362, Leonzio Pilato, per la prima volta al mondo, tradusse L’Iliade e L’Odisea (i codici studiati per primo dal Prof. Agostino Pertusi, preside della Facoltà di Lettere dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, sono conservati presso la Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia). Giovanni Boccaccio, che divenne il suo più affezionato allievo, traccia, nella Genealogia degli Dei Pagani, un ritratto di Leonzio emblematico ed esaltante: Faccia turpe, barba e capelli disordinati, sempre occupato in assidua meditazione, grande nella lingua e letteratura greca, archivio inesauribile di mitologia greca...
Sempre in quegli anni, Leonzio Pilato, chiamato dal Consiglio degli Anziani a Pisa, traduce in Latino il Digesto, la parte greca delle Pandette di Giustiniano. Per rendere cosa grata ed utile a Giovanni Boccaccio, intento a portare a termine I’Opera a carattere mitologico “La Genealogia degli dei Pagani” il grande Mitografo Seminarese traduce, dal greco in latino, I’Ecuba di Euripide, (icodisi sono conversati nella Biblioteca Nazionale medica di Firenze). Nell’estate del 1363, dopo aver soggiornato alcuni mesi a Padova, dove forse frequentava i corsi presso quello Studium Generale, reggiunse Francesco Petrarca a Venezia e vi soggiornò per tre mesi. Nei primi giorni di ottobre del 1363 s’imbarca per Costantinopoli, sulle orme del suo Maestro Barlaam. A Costantinopoli, stretta da ujn soffocante assedio da parte dei Turchi ed abbandonata dal suo destino dai Latini, Leonzio si ritrova, da subito, in estrema difficoltà, tanto da domandare aiuto economico a Petrarca per poter rientrare a Venezia. Richiesta di aiuto che non ricevette alcuna risposta.
Secondo ultimissime scoperte di codici di pugno di Leonzio Pilato fatte a Parigi, a Costantinopoli accettò di dare lezioni di latino signore, probabilmente nel quartiere di Galata.
Leonzio pilato traduce, dal greco al latino, il testo di filosofia , forse più difficile in assoluto:la Fisica di Aristotele e, in un momento di sconforto, egli dice di essere stato insignito di Laurea.
Leonzio Pilato morì, colpito da un fulmine, sulla una nave che lo stava riportando in Italia, quand’era ormai in vista del porto di Venezia, ai primi di Dicembre del 1365.
Negli ultimi decenni, la figura di Leonzio Pilato ha assunto, grazie agli studi di Agostino Pertusi prima, e di altri insigni studiosi dopo, un ruolo centrale ed importantissimo nella letteratura italiana, soprattutto in relazione alla nascita del pre-umanesimo in Italia.
E’ auspicabile che ulteriori Studi, che si stanno conducendo in Italia e all’estero, portino ad un inquadramento definitivo della figura e dell’opera del grande Seminarese, per restituirgli il ruolo che già Boccaccio e Petrarca gli diedero: quello di precursore, insieme a Barlaam, del pre-umanesimo Italiano.


Tradizioni


I giganti di Seminara: Mata (la principessa bianca) e Grifone (il principe moro), accompagnati dal cavallo ed un cammello, sono sicuramente I’attrattiva più spettacolare.
Altre tradizioni cittadine ultrasecolari sono anche i TAMBURINI e il PALIO.
I Tamburini richiamano tradizioni medioevali e rinascimentali di imitazione dello sfarzo esistente nei paesi ricchi del Nord.
Il Palio è il Gonfalone cittadino. E’un grande drapeo di seta Saura issato su un’asta alta 6 metri e simboleggia I’autonomia e I’orgoglio seminarese.
La danza dei Giganti, il giro dei tamburini e del Palio si svolgono durante i festeggiamenti della Madonna dei Poveri dal 10 al 15 agosto.
Altre iniziative di carattere folkloristico e culturale organizzate dall’Amministrazione Comunale e dalle Asociazoni cittadine sono:
1)Pascua “I’Affruntata”;
2)La festa della Madonna dei Poveri dal 10 al 15 agosto che richiama migliaia di fedeli e di turisti da ogni parte d’Italia;
3)Il “Corteo Storico” rievocativo, in costume d’epoca, dell’entrata di Carlo V a Seminara.
4)Ancora ad agosto, con cadenza non annuale, si tengono “La sagra dell’olio” e il Concorso Lirico Internazionale “V. Nostro”.

FESTA MADONA DEI POVERI
(Giorni 13-14 E 15 Agosto)

La processione si svolge ogni anno il 14 di agosto e richiama fedeli di ogni parte d’Italia e dall’estero.
Vari e richissimi sono i festeggiamenti in onore della Madonna dei Poveri, tra questi da citare gli spettacolari fuochi pirotecnici e le tradizioni di cui sotto si da ampio cenno.

I GIGANTI
(Giorni 10-15 Agosto)

Tra le varie manifestazioni popolari ancora vive a Seminara, la più spettacolare senza dubbio è la danza dei “Giganti”, due fantocci di carta pesta, alti circa 3 metri, portati in spalla da due uomini e fatti danzare al suono di tamburini in tutte le strade del paese durante la festa della Madonna dei Poveri. Il gigante nero, chiamato “GRIFONE”, raffigura il truce saraceno e “MATA”, nelle sembianze di una bella e posperosa popolana, sua preda. La loro danza è accompagnata da altri due fantocci: un cavallo ed un cammello. La loro origine è probabilmente araba e nella mitologia antica essi raffigurerebbero i fondatori della città di Messina; essi infatti sono presenti anche in Sicilia, in Sardegna ed in Spagna.
Si narra di un principe moro che grunge sui lidi del nostro Sud, rapisce la bellisima fanciulla Bianca e la conduce nel suo palazzo in terra d’Africa, dove ci sono cavalli, cammelli schiavi(nel nostro dialecto: ‘u scavuzzu = lo schiavo).
I giganti quali simbolo di libertà vennero adottati in mlte città non solo siciliane ma anche della Calabria che, come Messina, avevano subito devastazioni saracene e turche. Mentre nel tempo scomparvero a Reggio Calabria ed in altri centri, sopravvivono ancora oggi oltre che a Seminara a Tropea, Spilinga, Dasà, Brognaturo e Palmi.

I TAMBURRINI
(Giorni 10-15 Agosto)
I Tamburini sono anch’essi, un adattamento “povero” di usi medievali e rinascimentali. Il popolo, privo di mezzi più adeguati, “imita” a modo suo, le sfilate, ben altrimenti ricche, multicolori e sfarzose, offerte dai tamburini della città comunali del Nord. Inoltre, nell’intento di arricchire il modesto quadro, I’ingegno popolare ha pensato bene di prendere in prestito qualche elemento del folklore di Napoli(il “capo tamburo”).

IL PALIO
(Giorni 10 – 15 Agosto)
E’il gonfalone cittadino. Grande drappo di seta azzurra issato su un asta alta circa 6 metri, era il simbolo dell’autonomia di Seminara e, verosimilmente, costituiva, in un’epoca di rigide stratificazioni e differenziazioni sociali, il collante in grado di unire in un unico sentimento di forte orgoglio campanilistico i più disparati ceti sociali della comunità Seminarese. Le origini del Palio tuttavia vengono ridotte ai rapporti che alcune città toscane.
Infatti, la lavorazione della seta nella fiorente Seminara, aveva consentito la creazione di un legame con Siena e Firenze ove, da tempo remoto, si praticava I’usanza del palio, ovverosia dello sbandieramento di una grossa e lunga asta di legno con su attaccato un grande drapeo di stoffa colorata. E furono proprio alcuni commercianti toscani di seta che portarono a Seminara I’uso dello sbandieramento.
Nel tempo esso ha subito delle modificazioni ed oggi il suo uso, exclusivamente praticato in occasione della festività della Madonna dei Poveri, si limita a far volteggiare, ad intervalli vari di tempo e nelle piazze o nei larghi spazi, I’asta ed il dappo. Il “giro” del Palio, al ritmo dei tamburi, è fiero e fisicamente oneroso (viste le dimensioni dell’asta) privilegio pressoché secolare di una famiglia seminarese.

CORTEO STORICO CARLO V
(Prima Decade di agosto)

Il novembre 1535, I’Imperatore Carlo V, al retorno della victoriosa campagna contro i pirati Turcheschi e la presa di Tunisi, entrò triunfalmente a Seminara, allora la più potente, populosa e ricca Città della Calabria Ultra 1º.
I cronisti dell’epoca raccontano che I’Imperatore fu accolto “trionfalemente, accompagnato da baroni e da altri Signori di queste contrade, sotto un baldacchino di broccato ed in mezzo a grandissima e tripudiante calca di gente seminarese e delle terre vicine, insieme con il clero in processione, cantando lodi;e al suon a festa delle campane, e a spari di gioia, sempre preceduto da trombettieri” ecc. (G. Fiori. “Della Calabria Illustrata”).
Il Corteo rievocativo, che si tiene fin dal 1995, è composto da circa 200 figuranti, in costumi rigorosamente d’ epoca, con un nucleo central eche ricostruisce la Corte Imperiale. Il Corteo ha il suo finale nella piazza della Città, dove si svolge uno stupefacente spettacolo che farà rivivere i fasti e la magia dell’epoca rinascimentale. Carlo V quando venne a Seminara aveva 35 anni ed era al massimo della sua potenza.
Ricambiò I’accoglienza ricevuta e I’ospitalità, emettendo, a favore dei cittadini, ben 220 decreti di privilegi. Donò alla Città lo Stemma Araldico della Sua famiglia del ramo spagnolo, I’unico esistente in Italia e che si può ammirare nella Chiesa di Sant’Antonio dei Pignatari, al Borgo.
La rievocazione del Corteo Storico è riuscita ad attirare I’attenzione sull’inmenso patrimonio artistico della Città, incrementando le preseze di un turismo culturale alla recerca di novità assolute e dàrtigianato originale di cui Seminara MENA vanto; negli anni si sono concretízate publicación di libri, guide e, nei testi specializzati nel settore, documenti inediti e ricerche sulla Storia del Paese; I’emissione, nel 1998, di un francobollo natalizio da parte delle Poste Italiane, raffigurante la Pala della Natività conservata nella Chiesa di San Marco e la sponsorizzazione, da parte della Telecom Italia, nel 1995 e 1998, nelle copertine degli elenchi telefonici, di alcune opere d’arte di Seminara e, con esse, delle famiglie nobili del tempo con il relativo stemma.

SAGRA DELL’OLIO
(Prima Decade Di Agosto Cadenza Non Annuale)
La sagra si caratterizza per la esibizione e gustazione della prelibatezza dei prodotti gastronomici(Zeppole, peperonata, pasta struncatura, pane arrostito) di cui è parte fondamentale I’olio prodotto a Seminara. Sono riconosciute all’olio prodotto dagli ulivi secolari di Seminara particolari proprietà organolettiche tali da farne un prodotto unico nel panorama italiano.

LA CERAMICA DI SEMINARA
1. Il valore della Tradizione
Nel panorama della lavorazione della terracotta in calabria, Seminara reppresenta I’optimum per il suo genere di produzione che si caratterizza per le sue forme originali, per certi versi bizzarre, e la vivacità dei colori.
Seminara rappresenta un vero centro d’arte, i “maestri pignatari” lavorano I’argilla ancora secondo la più antica tradizione con pochi strumenti e molta fantasia, le loro mani plasmano con gesti rapidi e sicuri le forme più estrose:
Maschere, fiasche, borracce modellate a forma di tarallo, di colomba, di riccio di pesce o di paladino, di gendarme o di re che nell’irriverente gergo dialettale si chiamano “babbuini” e poi ancora ancore, utensilio e vasi.
Proprio perché modellato “a mano” ogni pezzo è “unicum” con evidente qualità rispetto alla produzione di serie. Colori, decoración, ornamenti richiamano antiche leggende, rituali magici ed allegorie.

2. Usi e Costumi dei ceramisti di Seminara
Le tradizioni della ceramica seminarese affondano le loro radici nella storia della Calabria, in particolar modo, del periodo magno- greco.
L’indubbia grecità di Seminara (P. Batiffol in “L’Abbaye de Rossano”, Picard- Paris, 1891, pg. XXXII: “Seminara etait peuplèe exclusivament de Grecs”), ha influenzato non solo la cultura, la storia e I`’artigianato. E’possibile riconoscere nelle forme delle cortare, o maschere seminaresi, i tratti tipici dello stile ellenico.
La ricchezza di materia prima presente sul territorio della cittadina, ha sicuramente favorito lo svilupo della lavorazione dell’argilla. La creta, sia rossa che Bianca, era presente in grandi quantità nelle contrade S. Antonio e Ponte Vecchio; come pure gli elementi essenziali per comporre smalti e ossidi: La vetrina e la silice erano reperite a Seminara o nelle zone limitrofe(Gambari e Tropea)
Gli artigiani lavoravano e mescolavano, con sapiente e antica maestria , quanto il territorio offriva, ricreando i colori classici della tradizione(verde, giallo e blu) e riproducendo quelle forme tramandate loro dai padri.
Chi oggi ha la fortuna di visitare le antiche botteghe artigiane di Seminara, troverà al loro interno gli attrezzi che in passato erano utilizati per rompiere tutta quella serie di operazioni necessarie alla realizazione dei manufatti. Di estremo interesse e bellezza è il formo per la cottura della ceramica.
Esso ha forma di pozzo, ed è diviso in due livelli di cui il primo, in basso, costituise la camera da fuoco, collegata con dei fori al secondo livello adibito a camera di cottura. Le dimensioni del forno variavano da bottega a bottega, ma non superavano mai i 2 metri di profondità e 1,80 metri di diametro. Il materiale con cui era construito I’impianto era costuito da mattoni di terracotta legati insieme da una miscela d’argilla e terra chiamata “maddu”. Il combustibile utilizzato nella formace era composto da legna(castagno e ulivo) e sanza; due elementi che spesso venivano impiegati nella combustione. Alcuni artigiani facevano uso anche dei tralci della vite. Le ceramiche seminaresi possono essere divise in due grandi categorie, utensili e artistici: i primi erano gli oggetti d’uso quotidiano(bicchieri, piatti, tegole, bombole ecc.); mentre i secondi avevano un significato popolare-animistico-religioso. A quest’ultima categoria appartengono il babbaluto(simboleggiante ad esempio, il sesso maschile), flaskokrùkella, o bombola circolare(simboleggiante il sesso femminile), il gabbacumpari e le maschere apotropaiche, queste ultime belle tanto quanto più brutte, concepite per proteggere dal maligno. Da un’omelia di Luca, vescovo greco di Bova a cavallo dei secoli XI e XII, apprendiamo che I’alto prelato invitava i fideli, soprattutto gli uomini, a non servisi più della flaskokrukella nei loro divertimenti scurrili o nel gioco, ozioso e pericoloso, della passatella, poiché il vino contenuto nella “bombola circolare” e da loro bevuto avidamente annebbiava la mente e spingeva spesso al delito. A giusta regione la flaskokrukella può definirsi una delle forme più antiche della ceramica seminarese.
3. L’ARTE CHE DIVENTA IMMORTALE
L’arte della ceramica a Seminara è quella di mantenere la tradizione, una tradizione fitta di misteri che si tramanda nei secoli e che ancora oggi fa vibrare I’anima.
Si narra, in particolare, di un incontro fatto a ventimiglia da un artista locale durante una sua esposizione:…un uomo gli si avvicinò per observare la ceramica di Seminara e disse “queste opere sono concepite da mani che sono dóro ed esprimono un passato che non c’è più ma che grazie a queste opere continuerà a vivere” …quest’uomo era PABLO PICASSO; volle comprare alcune opere che oggi si possono trovare in Francia al Museo Antibe ed in Canada al Museo di Toronto.
Altre opere sono rinvenibili a Firenze presso il Museo delle Tradidiosi; altre ancora sono esposte nel Museo del Vaticano.



jueves, 12 de marzo de 2009

Lenguas de Italia



El idioma italiano es el idioma oficial de Italia, que es una lengua neolatina de la que derivan también otros dialectos de la Península Itálica, como el lombardo o el napolitano. En el territorio de la República italiana se hablan no sólo lenguas romances, sino también lenguas germánicas, lenguas eslavas, griego y albanés.

La lengua oficial del Estado italiano desciende históricamente del Toscano literario, cuyo uso se inició con los grandes escritores Dante, Petrarca y Bocaccio hacia el 1300 y siguió evolucionando históricamente hasta llegar al Italiano común. La lengua italiana era hablada sólo por una minoría en el momento de la unificación política del Reino de Italia en el 1861, pero se difundió enseguida gracias a la educación obligatoria y a la determinante contribución de la reciente televisión, que han aumentado la cantidad de italianos que tienen al Italiano como lengua materna.

Según un estudio reciente el 44% de los italianos hablan de modo exclusivo o prevalente el italiano, un 51% lo alterna con un dialecto u otra lengua y un 5% habla exclusivamente un dialecto u otro idioma distinto del italiano.

Origen de las lenguas de Italia
Muchas de las regiones de Italia tenían ya diferentes sustratos lingüísticos antes de que los romanos conquistaran Italia: el norte de Italia tenía un sustrato celta (esta parte de Italia era conocida como Gallia Cisalpina), un sustrato ligur o un sustrato veneciano. El centro de Italia tenía sustrato etrusco y el sur de Italia sustrato itálico o griego.

Debido a la separación histórica en muchos pequeños estados y a su colonización por parte de las potencias extranjeras (especialmente Francia, España y Austria), separación que iba desde la caída del Imperio Romano de Occidente hasta la Unificación de Italia en 1861, ha habido una amplia oportunidad para la diversificación lingüística.

Sin embargo los Estados sometidos utilizaban como lengua oficial el idioma de las potencias extranjeras y los Estados independientes (como por ejemplo el Vaticano) siguieron manteniendo el latín como el idioma oficial. Raramente se usaban las lenguas vernáculas para los documentos oficiales y normalmente la gramática de estas no estaba normalizada. Las personas que podían escribir, en privado, usaban su lengua como manera informal de escribir notas, como lo hizo el da Vinci de Leonardo, que sin embargo, utilizaba el latín para publicaciones más importantes.

La cuestión de sintetizar los dialectos existentes en un Italiano estándar era la meta principal en la vida de Alessandro Manzoni, que luchó por construir un idioma nacional basado principalmente en el toscano, que había ganado prestigio desde que Dante Alighieri lo utilizara para escribir la Divina Comedia.

Por lo tanto sería un error para utilizar la expresión "dialectos del italiano", puesto que no derivaron del italiano, sino del latín vulgar: era italiano el derivado de esos dialectos y no al contrario.

Los dialectos siguieron siendo el habla más común entre la población italiana hasta la década de los 50. A partir de ese momento el italiano estándar empieza a ser aceptado gradualmente como la lengua nacional debido a su cada vez más común uso en la literatura. Hasta la segunda guerra mundial las clases más bajas, que no podían costearse una educación, siguieron hablando sus propios dialectos. Probablemente fue este período cuando se dejó de usar dialectos en público, puesto que era una muestra de bajo estatus social.

Uso actual
La solución para la llamada cuestión del lenguaje que había preocupado a Manzoni vino de la televisión. Su popularización fue el principal factor que convirtió al Italiano en la lengua nacional. Durante el mismo periodo muchos sureños emigraron al norte en busca de trabajo. Los sindicatos de gran alcance, que querían mantener a los trabajadores unidos, hicieron una exitosa campaña contra el uso de los idiomas regionales y de los dialectos. Esta campaña permitió los sureños, cuyos idiomas regionales no eran mutuamente inteligibles con los norteños, integrarse utilizando el italiano estándar. La gran cantidad de matrimonios mixtos, especialmente en las grandes ciudades industriales como Milán y Turín, dio lugar a una generación que podría hablar solamente italiano estándar y solamente entender algunos de los dialectos de sus padres.
Como resultado de estos fenómenos, los idiomas regionales están más arraigados en el sur (donde no se produjo el fenómeno de la inmigración), en las áreas rurales (donde hubo menos influencia sindicalista) y entre las viejas generaciones. El no poder hablar italiano es todavía hoy un estigma.
Además, el original de la Constitución italiana está redactado en italiano. Por otro lado, en los procesos penales y civiles es obligado el uso del italiano.
En cuanto a las otras lenguas, la Constitución expresa en el artículo sexto lo siguiente:
...La República protegerá, mediante las normas adecuadas, a las minorías lingüísticas.
Actuando de acuerdo a ese artículo, el Parlamento ha concedido estatus oficial, con una ley de 1999, a otros doce idiomas: ladino, alemán, francés, catalán, occitano, idioma franco-provenzal, esloveno, albanés, griego, sardo, y croata. Estas lenguas, en las zonas en las que se hablan, deben de ser usadas en igual de condiciones con el italiano, deben ser enseñadas en las escuelas y deben usarse en retransmisiones de la RAI. Además de las leyes nacionales, varios estatutos regionales han reconocido la oficialidad de diversas lenguas en sus territorios. Así, el ya mencionado estatuto de Trentino-Alto Adigio reconoce al alemán y el estatuto del Valle de Aosta da oficialidad al francés. Por su parte, en el estatuto de Piamonte se fomentan el occitano, el franco-provenzal y el walser, una variente del alemán, además la región del Véneto ha reconocido desde marzo la lengua vèneta como idioma "natural" del pueblo vèneto.

Lenguas romances
Galo-rético Francés
Franco-provenzal
Valdôtain (Valdoten)
Faeto

Ibero-Romance Provenzal-Occitano
Alguerés

Galo-Italiano Piamontés
Lombardo
Insubre
Orobico
Ligur
Dialecto Ligur Genovés
Dialecto Ligur Mentonasco
Dialecto Ligur Monegasco
Dialecto Ligur Intemelio
Emiliano-romañolo
Emiliano
Romañolo
Veneciano

Retorrománico- El friulano se habla en la provincia de Gorizia, Pordenone, Udine y Venecia. Es reconocida oficialmente en la región autónoma de Friuli-Venezia Giulia, como "lengua de la comunidad regional", siendo usada en todos los ambitos sociales.

El Ladino es hablado en las montañas de las Dolomitas en Italia, entre las regiones Trentino-Alto Adigio y el Véneto. Es reconocido oficialmente en la región de Trentino-Alto Adigio.

Italo-dalmático Toscano (la base del Italiano moderno)
Corso
Galurés (considerado por algunos autores una variación del Sardo)
Sasarés (considerado por algunos autores una variación del Corso, por algunos otros del Sardo)
Italiano centrale (Central Italian)
Umbrian
Marchigiano
Romanesco
Laziale
Napolitano
Calabrés y otras lenguas meridionales de Italia.

Judeorromances udeoitaliano (Tipo de lengua judía, término acuñado a mediados del siglo XX. Es hablado por una pequeña minoría de judíos en Italia.)

Siciliano Siciliano
Calabrés
Salentino
Sardo Sardo arborés
Sardo campidanés
Sardo logudorés
Sardo nuorés
Sasarés (Considerado por varios autores como una variación del Corso, por otros una lengua)
Galurés (Considerado por varios autores como una variación del Corso, por otros una lengua)

Lenguas germánicas Se habla alemán al noreste de Italia, en Friuli-Venecia Julia, en Véneto y sobre todo en Trentino-Alto Adigio. Todo el grupo germanoparlante del noreste de Italia pertenece al grupo bávaro. En Friuli-Venecia Julia también se encuentran hablantes cimbrios. Por último, en Piamonte existe una importante comunidad hablante de Walser, una variante del alemán de tipo alemánico. Es similar al dialecto hablado en el cantón suizo del Valais.

Lenguas albanas En la Italia meridional y Sicilia hay varias islas de lengua Arbëreshë. Descendientes directos de los albaneses que se refugiaron en Italia en los siglos XV y XVI tras la muerte de Skanderbeg e invasión del territorio Albano por parte de los Otomanos en 1478.

Lenguas griegas En la histórica región de la Magna Grecia, sur de Calabria (Bovesia) y sur de Apulia (Grecia Salentina), se habla un dialecto del Griego moderno llamado grico. El principal enclave se encuentra en Lecce y el segundo en Talsano (al sur de Tarento).

Hacia el 1900 el 80% de los habitantes de la Península Salentina (el "tacón" de la "bota italiana") hablaba el "grico" mientras que hacia el 2001 el porcentaje se había reducido a aproximadamente un 30%. El grico hoy está aceptado por Italia como una lengua de minoría étnica nativa en la llamada Grecia Salentina.

Lenguas eslavas En Italia existe dos focos donde se habla lenguas eslavas, en las provincias de Trieste, Udine, y Gorizia de la región de Friuli-Venecia Julia se habla esloveno y en una pequeña comunidad de la provincia de Campobasso (región de Molise) Croata Slavisano. La comunidad slavisana se limita a tres municipios de la provincia, a unos 30 km del Adriático: Acquaviva Collecroce (Živavoda-Kruč), Montemitro (Mundimitar) y San Felice del Molise (Stifilić).

Lenguas indo-arias En Italia el pueblo gitano (itinerante), es en su mayoría del grupo Sinti, habla dos lenguas de origen Indio. En el norte y centro prima el Sinti, y se les llama zingari (del griego, intocables), en Abruzo y el sur de la península se habla Romaní, y se les llama Rom (del Romaní, persona o ser humano).
El italiano (italiano, lingua italiana) es una lengua romance. Hay un gran número de dialectos italo-romanos, en ocasiones con ininteligibilidad difícil.
El italiano moderno es, como toda lengua nacional, un dialecto que ha conseguido imponerse como lengua propia de una región mucho más vasta que su región dialectal. En este caso se trata del dialecto toscano de Florencia, Pisa y Siena, que se ha impuesto no por razones políticas, económicas o militares como suele ocurrir, sino debido al prestigio cultural que llevaba consigo al ser el idioma en el que se escribió La Divina Comedia, que se considera la primera obra literaria escrita en la "lingua moderna". El toscano es en efecto la lengua en la que escribieron Dante Alighieri, Francesco Petrarca y Giovanni Boccaccio, considerados los tres grandes escritores del Prerrenacimiento italiano.

La más extendida es la que separa a dicho grupo de lenguas en dos ramas:

La oriental, que incluye al rumano (dacorumano) y arumano (macedorumano) y la vertiente occidental, a la vez dividida en lenguas galo-ibéricas como el francés, las demás lenguas de oil, el occitano, francoprovenzal, retorromano, las lenguas galo-italianas (lombardo, piamontes, emiliano, romañolo y ligur) y el Veneciano.

Fonética y pronunciación
El italiano, al igual que el español, tiene una ortografía altamente fonética, es decir, existe una correspondencia considerable entre la lengua escrita y la oral. Se caracteriza por la conservación de las vocales y consonantes finales, y por la pronunciación de las consonantes geminadas (consonantes dobles). El acento tónico se encuentra normalmente en la penúltima sílaba, pero también puede estar en la última o en la antepenúltima, en cuyo caso se indicará mediante un acento ortográfico.

Algunas reglas de pronunciación pueden, sin embargo, confundir a los hispanófonos. Por
ejemplo, la c seguida de e o i se pronuncia "ch" (IPA /tʃ/), mientras se pronuncia /k/ delante de a, o, u. Para mantener el sonido /k/ delante de e o i, habrá que añadir una h: chiamo se pronuncia "kiamo" (IPA /'kja.mo/). Para obtener el sonido "ch" delante de las demás vocales se añade una i: ciao se pronuncia "chao" /'tʃao/ (la i no se pronuncia)
Los dialectos de Italia
Italia es uno de esos países donde las formas de hablar varían de región en región. Si usted desciende de italianos, conocer estos dialectos le resultará útil para descubrir más detalles de los propios orígenes.
Los dialectos en la Italia de hoy tienen sus orígenes en una forma hablada del latín (latín vulgar), en uso durante el Imperio Romano. Este latín vulgar tuvo, sin lugar a dudas, sus propias peculiaridades luego de la caída del Imperio. La inestabilidad política que siguió a las reglas romanas permaneció en Italia hasta a reunificación como una nación en el siglo diecinueve.
Este largo período de fragmentación y el hecho de que el latín clásico era preferido como lenguaje internacional de estudio permitió que varias formas habladas se desarrollaran hasta que pudieran ser reconocidas como diferentes lenguas.
Con la reunificación política de la península y el grado de viajes y mudanzas que comenzó a tomar lugar, la necesidad de un lenguaje nacional se hizo más urgente. Esta necesidad se observa a través del lenguaje literario, que está envuelto de una forma estandarizada de Florencia.
Hoy en día, gracias a programas educativos agresivos, el lenguaje literario es usado en todas las regiones del país para el derecho, los negocios y la educación. Los dialectos han sido relegados al uso doméstico o entre vecinos cercanos en vecindades urbanizadas y villas.

Dos grupos de dialectos
Existen dos grupos principales de dialectos Italianos, exceptuando el grupo de Cerdeña, que es considerado enteramente como otro lenguaje. Esos dos grupos están separados por la línea Spezia-Rimini, nombrada por dos ciudades cercanas por las que pasa. Esta línea va, de este a oeste, a través de la península, en mayor parte siguiendo el límite entre Toscana y Emilia Romagna.
De este modo se dividen en dialectos del norte (septentrionales) y del centro-sur (centro meridionales).
Los dialectos del norte o septentrionales están divididos en dos grupos importantes: el más grande geográficamente es el grupo ítalo-galo, que incluye las regiones de Liguria, Piamonte, Lombardía y Emilia Romaña, así como partes de Trentino-Alto Adigio. Ha sido nombrado por los galos que en un momento desabitaron esta parte de Italia y quienes, según parece, dejaron trazos de su lengua celta en los dialectos modernos. El siguiente en amplitud es el grupo veneciano, cuyos límites siguen a los de la región del Véneto.
Los dialectos centro meridionales son cuatro grupos diferentes. El grupo toscano ocupa un área que aproximadamente cubre a la región de Toscana. Al sur están los dialectos de Lacio-Umbría-Marcas, que ocupan la mitad del norte de Lacio (incluyendo Roma), la mayor parte de Umbría y parte de las Marcas. Esos dos grupos son también conocidos como los dialectos centrales.
Directamente debajo de ellos están los dialectos meridionales con dos tipos principales. El meridional intermedio que ocupa la mitad inferior de la península, incluyendo las regiones del sur de Lacio, Abruzos, Molise, Campania, Basilicata y partes de Puglia. Los tipos de Calabria, Puglia y Sicilia, se caracterizan como del grupo meridional extremo.
En Italia hay también dos otras lenguas romances. El ladino es hablado en el extremo noreste de Italia; si bien hay un tipo diferente en Friuli, y otro en las montañas Dolomitas. El cerdeño es hablado en la isla de Cerdeña dividido en dos dialectos diferentes.
Los dialectos italianos son también hablados fuera de Italia. Los dialectos istrianos están restringidos a la porción sudoeste de la península de Istria, en la actualidad Croacia. Esos, junto con los dialectos venecianos hablados en el norte, son del tipo septentrional. El hablado en la francesa isla de Córcega, entra dentro del grupo centro-meridional.

Algunas características
• Milán
El dialecto de Milán o milanés es clasificado como un dialecto septentrional, específicamente en el grupo Italo-galo. Así como en el alemán o el francés, las vocales con diéresis como la ö ó la ü están presentes.
• Venecia
El veneciano es, como el milanés un dialecto septentrional pero ubicado en un diferente sub-grupo: el veneciano. Al contrario que el milanés, el veneciano no tiene vocales con diéresis pero tiene algunas coincidencias con los dialectos toscanos del sur. El verbo xe reemplaza en la tercera persona al standard é (es) y sono (son). Las consonantes dobles están muy extendidas, además del uso del artículo masculino el (il).
• Florencia
Los dialectos toscanos, incluyendo al de Florencia, son los más conservadores de los dialectos italianos. Un ejemplo de esto está en la retención del grupo consonante –nd- como en quando, cuando en la mayoría de los dialectos ha derivado en –nn-, por ejemplo quanno.
Esto es también notorio en el moderno italiano estándar, el cual está basado en la literatura florentina de Dante y Petrarca. De todos modos hay algunas peculiaridades locales que diferencian el florentino del italiano estándar. El más llamativo es el llamado “gorgia Toscana”, donde la aspiración que se produce parece tener sus raíces en la fonología etrusca. “Gorgia” tiene un sonido como el chi griego o la ch alemana, similar a la h inglesa. Por eso oímos chasa por casa. Una aspiración similar ocurre antes de la t media.
• Roma
En el romano, pueden observarse algunas desviaciones del italiano estándar. En primer lugar, la –nd- es comúnmente derivada en –nn- como en quanno (quando), monno (mondo).
La –gl- (similar a la –lli- en million en inglés) es realizada como una -j- (pronunciada como la y inglesa). Por ejemplo vojo (voglio), maja (maglia).
También puede observarse a la –r- sustituida por –l- en algunas posiciones: er core (il cuore).
• Nápoles
El dialecto napolitano es el más conocido además del lenguaje estándar y esto se debe a su uso en populares canciones italianas.
Es un dialecto típicamente meridional, en el cual la inicial –chi- toma el lugar de –pi-, como en chiú (piú).
Además, las vocales sin acento son generalmente pronunciadas como vocales indiferenciadas. Los artículos (exceptuando -ll’-) en napolitano están unidos a un apóstrofe: ‘o libbro (il libro).

Las lenguas romances derivaron de una protolengua: el latín, lengua indoeuropea del grupo itálico que comenzó a hablarse en el Lacio, región del centro de Italia. El denominado “latín vulgar” fue el que sentó las bases para crear una gran familia lingüística, pues era el hablado en el Imperio Romano. Se difundió, pues, conforme las legiones romanas conquistaban nuevos territorios. Así impusieron esta lengua para llevar a cabo principalmente las funciones administrativas. El “latín vulgar” logró mantener cierta uniformidad, pero con el paso del tiempo dicha rama fue variando de región a región. Al sobrevenir el fin del dominio romano, el latín se transformó hasta dar origen a las lenguas romances.

El “latín vulgar” era diferente del “latín culto”: el segundo se utilizaba principalmente para escribir. De hecho, es la lengua con la que se hicieron aquellos textos que hoy en día conocemos como “clásicos”. Además, era hablado sólo por los miembros de los estratos sociales más altos; en cuanto a su forma y estructura, era rígida y cerrada al cambio. Por su parte, el “latín vulgar” o “discurso plebeyo” tuvo, por decirlo de algún modo, un proceso de desarrollo más libre. Era la lengua del pueblo, de los comerciantes y de los soldados.

La ramificación del “latín vulgar” en las diferentes lenguas romances se dio en un proceso continuo, en el que no se han podido trazar líneas divisorias precisas. Entre las lenguas romances podemos mencionar el italiano, el portugués, el francés, el rumano, el sardo y el español. El italiano es el sistema que ha sido más fiel al latín; mientras que los otros, por su lugar de origen y situación geográfica, a través del tiempo han recibido influencia de familias lingüísticas como la germana, eslava, árabe y, en el caso de América, de diversas lenguas indígenas. Lingüísticamente, al escuchar cómo se expresan hablantes de diversas lenguas romances, resulta obvio —a pesar de las diferencias— que provienen de la misma protolengua.

Idioma grecocalabrés

El dialecto grecocalabrés (también llamado grecobovesiano) es la versión del grecoitaliano usado en Calabria, en contraposición al otro dialecto grecoitaliano hablado en la denominada Grecìa Salentina. Las dos lenguas grecoitalianas son frecuentemente mencionadas conjuntamente como “lengua grecoitaliota” (Κατωιταλιώτιικα o kato-italiótika, palabra cuyo significado es ‘bajo-italiano’ y, más exactamente por el contexto ‘griego italiano meridional’), grecánico o griko, aunque estas dos versiones son diferentes en su desarrollo histórico. El dialecto grecocalabrés usualmente es llamado por sus hablantes “(lengua) grika”.
Difusión en el pasado
Esta lengua fue hablada en todo el sur (Provincia de Reggio Calabria) hasta el siglo XV ó XVI, momento en el que empezó a ser reemplazado gradualmente por el dialecto romance (dialecto calabrés), incluso habiendo influencias del griego calabrés en la gramática y en una gran parte del vocabulario.
Durante la era angevina el idioma griego se hablaba en un área muy amplia entre Seminara, Taurianova, el valle de Mésima y la meseta de Poo. Un breve análisis histórico ilustra claramente la progresiva desaparición del idioma griego desde el siglo XVI hasta nuestros días.
Alrededor de mitad del siglo XVI este idioma ha desaparecido de los campos de Petrace, particularmente en el valle alto de Diverso y Tasi. Durante el siglo siguiente la regresión se extendió a algunos valles en la zona oeste de Aspromonte, junto al Estrecho de Messina, como en los valles de Catona y Gàllico.
Durante el siglo XIX la lengua se perdió en algunos pueblos como Pentedattilo, Africo, Brancaleone, Motta San Giovanni, Montebello, San Lorenzo, en el lado jónico de Aspromonte.
En los primeros años de siglo XX esta tendencia se extendió a las ciudades de Palizzi, Staiti, Cardeto, Roccaforte del Greco, Amendolea y Condofuri.
Lingüística y etnografía
A la par del italiano normativo impuesto a partir de los 1920s, se habla la lengua local, el idioma calabrés bastante distinto del italiano propiamente dicho, y muy influido por el griego, el árabe etc; aún el calabrés carece de oficialidad y como otros "dialectos" en Italia, ha visto disminuir paulatinamente el número de sus hablantes. En el extremo norte de Calabria el calabrés ya presenta semejanzas con el napolitano o campanio mientras que en el sur son muy fuertes las semejanzas con el idioma siciliano.
Grecocalabreses
Desde la Antigüedad y hasta el siglo XVI el grecanico o griego calabrés era el idioma usual en toda la Calabria Meridional, pero su área se ha ido restringiendo hasta el actual enclave de la Bovesia.
Italoalbaneses
En diversos puntos del norte de Calabria existen localidades en las cuales se habla el arbëresh un dialecto del idioma albanés, en su variante tosca, traído por unos 300.000 refugiados a fines del siglo XV e inicios del siglo XVI, estos albaneses inicialmente se asentaron en Collenza luego fundaron importantes comunidades en la Piana de Síbari y en la región comprendida entre Savelli y Cirò Marina, de modo que en la actualidad se cuentan más de veinte localidades italoalbanesas, entre las que se destacan (primero el nombre oficial italiano, seguido el nombre albanés)
La Lengua Italiana
Esta lengua pertenece a la rama itálica de lenguas indoeuropeas. Es oficial en la República de Italia donde, incluyendo sus variedades lingüísticas, supera los cincuenta millones de hablantes. Asimismo, es cooficial en Suiza y, por fenómenos migratorios, utilizada en pequeñas comunidades de América y el norte de África.

Durante su desarrollo se desprendieron del italiano más de doscientos dialectos divididos en dos grupos principales. El primero se conforma por los dialectos del norte o septentrionales, y el segundo por los del centro-sur o centro meridionales, que a su vez se ramifican en el ítalo-galo, común en Liguria, Piamonte, Lombardía, Emilia Romaña, Trentino-Alto Adigio y el veneciano, de Venecia.

Los centro meridionales se diversifican en cuatro grupos. Los dos primeros se conocen como centrales y son parte de ellos el toscano, de Toscana, y los dialectos de Lacio-Umbría-Marcas, que ocupan la mitad del norte de Lacio, incluyendo Roma, Umbría y las Marcas. Los que restan se han llamado meridionales: el intermedio común en el sur de Lacio, Abruzos, Molise, Campania, Basilicata y partes de Puglia; y el externo utilizado en Calabria, Puglia y Sicilia.

En Italia existen otras dos otras lenguas romances: el ladino, hablado en el extremo noreste del país y el cerdeño, propio de la isla de Cerdeña. Los dialectos italianos son utilizados al cruzar las fronteras; por ejemplo, los istrianos están restringidos a la porción sudoeste de la península de Istria, hoy Croacia; estos pertenecen al grupo septentrional; mientras que el utilizado en la isla francesa de Córcega pertenece al grupo centro meridional.

La multiplicidad de dialectos que surgieron en Italia y la afán de los habitantes por lograr una unidad lingüística en toda la península, hicieron que se aceptara como lengua oficial el italiano, que se basa en el dialecto toscano-florentino; por considerarlo el más puro heredero del latín clásico.

El dialecto toscano-florentino alcanzó su máximo esplendor durante el siglo XIV por varios factores; en primer lugar por su situación geográfica —era la lengua hablada en el centro de la península—, entonces, la Toscana y, particularmente, Florencia era la ciudad productiva económica y culturalmente de la región. De ella son originarios tres de los más grandes autores de la Edad Media y el Renacimiento italiano: Dante, Petrarca y Boccaccio.

En 1583 se fundó la Accademia della Crusca, misma que se constituyó en la autoridad oficial en materia lingüística, con ella se pudo crear la norma, con el fin de regular la evolución del italiano, lengua que, aunque conserva su condición de clásica en lo referente a pronunciación, sintaxis y léxico, ha aceptado los cambios inherentes a cualquier lengua viva.

Es decir, el italiano contemporáneo tiene muchos elementos del latín clásico, pero su léxico ha sufrido las transformaciones necesarias para seguir siendo funcional para los hablantes. Los cambios fonéticos sucedidos desde el latín están reflejados en su ortografía, que es principalmente fonética, por lo que cualquiera que sepa latín u otra lengua romance, puede aprender italiano con cierta facilidad.

Concettina Collura