domingo, 20 de septiembre de 2009

SEMINARA, UNA CITTÀ MUSEO

CONCETTINA COLLURA AGRADECE AL COMUNE DI SEMINARA POR SU PUBLICACIÓN







Seminara

Comune della Provincia di Reggio Cabaria, è composta dal centro e da frazioni:
BARRITTERI, che dista 5 km dal centro;
S. ANNA, che dista 2 km dal centro;
PAPARONE che dista 6 km dal centro.
Il suo territorio si estende per kmq 33,55 confinando con i comuni Palmi, Bagnara, Gioia Tauro, Melicuccà, Oppido Mamertina, Rizziconi, S. Procopio e con il mar Tirreno. Dista 52 km dal capoluogo(Reggio Calabria).
E’ facilmente reggiungibile tramite due uscite autostradali della A3 SA-RC:
- Lo svincolo di Palmi (4km) e quello di S. Elia- Piani Corona(5 km).
POPOLAZIONE: circa 3500 abitanti
Altitudine:m. 290 slm
C.A.P.: 89028

CENNI STORICI

La Città di Seminara fu uno dei centri più importanti del regno delle Due Sicilie. Insediamento bizantino, castellato fin dal VII secolo, divenne, secondo il Fiori, importante centro urbano quando, nel 951, dopo la distruzione di Taureana ad opera dei Saraceni Agareni, la parte più electa ed il Vescovo di quella Città si rifugiarono tra le mura del suo castello.
Sede vescovile fino al 1086, cominciò ad ingrandirsi divenendo un florido centro economico e commerciale.
I Normanni la munirono di poderose mura difensive, tracce delle quali sono tutt’ora visibili negliponenti Archi di Rosea.
Bizantina, poi Normanna, Sveva ed Angioina, Seminara mantenne la lingua, la cultura, la tradizione greca ed il rito ortodosso fino al tardo 1300, quando soccombette sotto la forzata latinizzazione attuata dagli Angioini.
Esempio più notevole dell’assimilazione della cultura greca fin dai tempi delle prime colonización del VII ed VIII secolo A.C è la produzione della ceramica, in particolare delle maschere “apotropaiche”, delle ancore, delle “bumbule” e delle “quartare”.
Atraversata dalla via Popilia, strategica arteria consolare che da Capua raggiungeva la Sicilia, comprendeva, fin dal 1500, nel suo vasto territorio, i casali di Palme (oggi Palmi), De Castidium (oggi Sant’Anna), Strangi, Petrolo, Sant’Andrea e Sant’Opolo, questi ultimi quattro non più esistenti alla fine del XVII secolo.
Durante tutto il 1400 fu teatro di lotte tra Angioini ed Aragonesi; in particolare, il 21 giugno del 1495, in località denominata “Figurella”, i due eserciti si scontrarono in una battaglia cruentissima che vide i francesi vittoriosi; questi ultimi, il 10 aprile del 1503, furono peraltro definitivamente battuti dagli spagnoli, evento che determinò il definitivo ritiro dei francesi dal Regno di Napoli. La battaglia del 1503 è riportata in tutti i manuali militari in quanto, per la prima volta, vennero usati nell’Italia meridionale pezzi di artiglieria.
Nel 1495 la Città, all’epoca Demanio Regio, venne venduta dal Re Ferrante II per 4000 ducati a Carlo, rampollo della potente famiglia napolitana degli Spinelli che ne divennero feudatari fino al 1806.
Divenuto il centro più populoso della Calabria Ultra Prima (4725 abitanti nel 1532; 7150 nel 1561), fu tra le Città meridionali più importanti per la rpoduzione della seta e dell’olio.
A conferma del prestigio del quale Seminara Godiva, il 3 novembre 1535 I’mperatore Carlo V, di retorno, victorioso, dalla presa di Tunisi, entrò triunfalmente in visita nella Citta.
Dal 1500 al 1700 essa dominò la vita culturale e politica della Calabria Ultra Prima con le sue 33 chiese, i suoi 8 monasteri, i suoi 16 istituti finanziari, le 3 accademie di cultura, un hospédale ed un teatro.
Distrutta completamente dal terremoto del 5 febbraio 1783, venne ricostruita più a monte dello stesso crinale aspromontano.
Patria dei due più dotti intellettuali bizantini nati nel meridione, il monaco Barlaam e il letterato Leonzio Pilato, mantiene, del uso glorioso passato, testimonianze importanti. Infatti, come osservato dal prof. Francesco Negri Armoldi, possiede il più alto numero delle opere scultoree di tutta la Calabria, in massima parte conservate nella sede municipale; per tale motivo è considerata dagli storici dell´arte una piccola città museo.

Seminara Nell’ Arte – Le Chiese

Secondo la tradizione popolare, la statua lignea della Madonna dei Poveri fu rinvenuta verso la metà del X secolo a Taureana, nei pressi delle rovine della cjiesa di S. Fantino, annerita dalle fiamme dell’ultimo saccheggio dei saraceni. La tradizione riferisce che questa sacra immagine si mostrò miracolosa fin da quando fu scoperta. Difatti, mentre si era rivelata pesante ed irremovible ai reiterati tentativi da parte delle autorità civili e religiose, al contrario, si lasciò sollevare, lieve e quasi condiscendente, dalle braccia dei più umili popolani, i quali da quel momento la acclamarono e la venerarono col nome di Madonna dei Poveri. Migliaia di pelegrini, ogni anno, giungono da ogni parte dÍtalia e non solo per presenziare ai festeggiamenti che dal 31 luglio al 15 agosto sono tenuti in suo onore a Seminara; dal suo apparire fino ai giorni nostri, numerorissimi sono i miracoli attribuiti alla statua dalla tradizione religiosa popolare, tanto che I’appellativo di taumaturgica accompagna il nome della Madonna dei Poveri. La Madonna Nera dei Poveri o Bruna di Seminara, detta anche MADONNA NERA CRECA DI S. BASILIO MAGNO è, a parere di tutti gli studiosi e della sovrintendenza per i beni artistici, la più antica Statua Lignea di tutta la Calabria se non di tutta L’Italia Meridionale.
La statua , dipinta intensamente in nero e ricoperta da uno strato di oro zecchino diradatosi nel corso dei secoli, è tipica delle sculture Bizantino-Arabesche.
Portata in Occidente dai monaci Bizantini che, durante L’VIII sec., fuggivano dalle persecuzioni iconoclaste scatenate dall’Imperatore Leone III L’lsaurico, la Statua fu dapprima venerata a Taureana e, dopo la distruzione di questa città nel 951 ad opera dei Pirati Agareni, trasportata a Seminara. Il primo documento ufficiale che la indica chiaramente risale all’anno 1325.
Nel 1586, da parte del Vescovo di Mileto, Mons. Del Tufo, si ha la prima descrizione dettagliata della Statua, che già veniva indicata come antichissima.
Venerata da Re ed Imperatori (Ruggero II il Normanno, Ferdinando II di Spagna, Carlo V che visitò Seminara il 3 novembre 1535), la Estatua era anticamente fissata e posta a mò di ICONA in una nicchia come I’antico chiodo posto dietro sta ad indicare. Alta 92 cm, la Vergine tiene sul braccio destro un bambino.
L’attuale trono, in oro laminato, risale alla metà del 1700, dono della ricchissima famiglia Sanchez, di origine Spagnola.
Per due volte, nel 1783 en el 1908 a causa del terremoto, si salvò dalla distruzione totale della città di Seminara. Veneratissima in tutta I’Italia Meridionale è oggetto di grande FEDE e pellegrinaggi.
La sua processaione avveniva anticamente ogni 15 agosto e, dopo il terremoto del 1908, avviene ogni 14 agosto.
Fino alla fine del 1800 la processione era resa ancora più spettacolare per la presenza di un maestoso CARRO RELIGIOSO detto “DELLA BRUNA” o “ VARA”, che la seguida per le vie del Paese.

CHIESA GRECA

È un classico modello di arte sacra bizantina (sviluppo planimetrito cruciforme, con il braccio d’ingresso più Lungo degli altri, e la centralità dello spazio, sottolineata dal tamburo centrale, sovrastato da un tetto conico) in cui si esprime con chiarezza la semplicità, assai raffinata, per via di alcune caratteristiche che la connotano: la dissimulazione ambientale(la Chiesa è ubicata nella parte bassa del centro abito, ad est della chiesa di rito romano di Sant’ Antonio dei pignatari, già Santa Maria dei Miracoli, nella cui piazzetta antistante è stata posta nel 2001 una statua bronzea di Leonzio Pilato, opera dello scultore Maurizio Carnevale) e I’opera, il cui ornamento esterno è affidato ai giochi delle tegole e dei matón(materiali, questi reperiti nelle campagne circostanti), per cui si ha I’impressione di trovarsi di fronte ad chiesa ben restaurata e non ad una fatta ex novo.
All’interno le pareti sono state ricamente affrescate nel classico stile bizantino, con le immagini di Cristo e dei Santi del periodo di riferimento. Gli affreschi sono stati eseguiti da un artista fatto venire appositamente dalla Grecia. Entrando nella chiesa si ha un bel colpo d’occhio e lo spettatore rimane incantato dalla figurazione e dalla vivacità dei colori.

PALAZZO MUNICIPALE
Si trovano 4 bassorilievi cinquecenteschi in perfecta factura, che costituiscono il basamento del monumento dedicato a Carlo V che era situato nell’antica piazza dello spirito Santo, presso la porta settentrionale della vecchia Seminara, distrutto dal terremoto del 1783. Raffigurando le famose battaglie tra Francesi e Spagnoli del 1495 e del 1503. I’ntrata trionfale de Carlo V in Seminara e le scene dei festeggiamenti organizzati in suo Nome.
Sempre nel palazzo municipale si trovano custodite due sculture granitiche raffiguranti dei monaci in preghiera provenienti dall’ antica Città di Seminara, secolo XII- XIII.

PALAZZO MEZZATESTA


Si considera il Palazzo Mezzatesta residenza dei Duchi Spinelli. Dopo la loro partenza (1806) il palazzo passò alla famiglia Mezzatesta che lo riedificò sulle strutture cinquecentesche danneggiate dal terremoto del 1783.
Infantti, la struttura presenta una diversità di stile:la porta e il frontone centrale sono tipicamente cinquecentesche, il resto ottocentesco. Danneggiato dal terremoto del 28 dicembre 1908 non è stato più riedificato.

CONVENTO DEI CAPPUCCINI
Fu fondato nell’anno 1560 da Carlo Spinelli, duca di Seminara, che alla sua morte(1563)fu seppellito nella chiesa del convento, come aveva ordinato. Intitolato al SS. Hecce Homo, dopo il terremoto del 1783 fu chiuso e venne riaperto nel 1799; soppresso nel 1811, riattivato nel 1824, fu definitivamente chiuso nel 1860.

I PERSONAGGI ILLUSTRI

BARLAAM DI SEMINARA

Bernardo Barlaam(Seminara 1290 – Avignone 1348) – Monaco basiliano, teologo, filosofo, matematico ed astronomo, ebbe gran parte nelle questioni teologiche che infiammarono Bisanzio agli inizi del XIX secolo. Venne nominato Vescovo di Gerace dal papa Clemente VI nel 1342.
Riconosciuto come il massimo Teologo bizantino calabrese, si formò spiritualmente e culturalmente nel Monastero Imperiale Ortodosso di Sant’Elia e San Filarete di Seminara, il più importante centro culturale della Calabria meridionale. Consacrato monaco di San Basilio Magno nel monastero di San’Elia di Capasino, presso Calatro, Barlaam svolse la sua attività spirituale a Seminara.
Postosi subito all’attenzione per le sue straordinarie doti intellettuali e come dotto in teologia e filosofia, verso il 1328 venne chiamato dal nuovo Imperatore di Constantinopoli, Andronico III, e dal Gran Domestico Giovanni Cantacuzeno nella Capitale dell’Impero Romano d’Oriente divenendo il maggiore Teologo della Chiesa di Bisanzio. Proclamato Maestro della Teologia da Divino Dionigi Aereopagita, nel 1334, il Patriarca di Constantinopoli, Giovanni XVI Caleca, gli affidò il compito di rapresentare la chiesa ortodossa durante il tentativo unionistico con i rappresentanti della Chiesa Latina(i Verscovi Francesco da Camerino e Riccardo di Cherson).
Durante questo tentativo, la cui riuscita doveva portare anche ad un’alleanza militare contro i Turchi, ormai alle porte di Costantinopoli, Barlaam confutò, punto per punto, il Dogma Trinitario Latino, ricorrendo a sillogismi dialettici per difendere, strenuamente, il dogma Greco sulla Processione dello Spirito Santo e sul Filioque. La difensa strenua del Dogma Greco non fu, però, un atteggiamento chiuso e preconcetto verso i Latini, preocupato com’era, Barlaam, che dall’eventuale fallimento delle trattative non sarebbe potuta nascere I’Impero dai Turchi. La rigidezza dei Legati Papali e del clero Ortodosso, che attaccarono il modo di procedere del Barlaam, fecero fallire le trattative e, definitivamente la posibilità di salvezza di Bisanzio. In seguito a questa esperienza, il teologo Seminarese compose, in greco, il suo capolavoro: I’opera teologica Contra Latinos, tradotta e pubblicata, dopo 750 anni e recentemente dalla Biblioteca Apostolica Vaticana. Nel 1339, Andronico III inviò Barlaam in missione segretissima ad Avignone presso Papa Benedetto XII, per trattare un’alleanza politico – militare tra il Papato, gli Angioini e Bisanzio. La missione fallì per reciproche ed insanabili diffidenze. Ritornato a Costantinopoli, egli riprese I`insegnamento nelle Scuole di teologia di Costantinopoli e di Tassalonica. Scrisse il De Primatu Papae, confutando tutto ciò che teologicamente sosteneva il dogma cattolico sul Primato del Papa. E’ in questo periodo che si scontra con il monaco Gregorio Palamas, il maggiore teologo dell’Esicasmo, i cui seguaci sostenevano, attraverso pratiche di preghiere psico-fisiche, con influssi mistico orientali, di vedere la luce increata del monte Tabor, la stessa vista dagli Apostoli durante la Trasfigurazione. Barlaam avversò con grande fervore gli Esicasti, accusandoli di Massaliniamismo e, cioè, di pretendere di vedere L’Essenza Divina con gli occhi del corpo, cosa negata persino da Platone . combatte, anche, la loro tentazione di portare ciò che rimaneva dell’Impero di Bisanzio all’isolamento totale. Accusato di latinofonia, venne dichiarato eretico nel Concilio di Costantinopoli del Giugno 1341 ed i suoi scritti bruciati davani alla Porta di Santa Sofia. Il Monaco lasciò Constantinopoli e si portò a Napoli dove riordinò I’imponente Biblioteca di Roberto d’Angiò e conobbe Paolo da Perugia, aiutandolo a comporre I’Opera a carattere mitologico le Collactiones.
Giovanni Boccaccio, che lo incontrò personalmente, tracciò un mirabile ritratto di Barlaam: uomo di piccola statura ma di grande scienza e di maniera, nelle Greche lettere dotto, che aveva privilegi di Imperatori e Principi greci e dotti uomini...
Forse convertito al cattolicesimo, il grande teologo Seminara venne chiamato ad Avignone da Clemente VI. Lì conobbe Francesco Petrarca al quale, dal maggio al novembre 1342, insegnò, sui testi dei Dialoghi di Platone, i primi elementi della lingua greca. Nominato, per interesamento del Petrarca stesso, Vescovo della Diocesi di Gerace, continuò la sua opera diplomatica a favore della creazione di un’alleanza militare con Bisanzio. Nel 1346 ritornò, inviato del Papa, a Costantinopoli per tentare una nuova trattativa con i Bizantini, ma i suoi nemici, ormai al potere a Bisanzio, lo costrinsero a ritomare ad Avignone minacciandolo di morte. Nel 1347, per alcuni mesi, riprese I’insegnamento del greco al Petrarca. Morì ai primi di giugno del 1348 forse di peste. Scrisse importantissimi trattati di matematica, astronomia, acustica e musica (La Logistica, manoscrito conservato nella Biblioteca Nazionale Marcina di Venezia e tradotto in greco moderno, tedesco, francese, slave e inglese).
Scrisse, in latino Ethica secundum Stoicos, che costituise una fonte importantissima sul pensiero greco, da Platone agli stoici. Gran parte delle sue opere furono messe al rogo, ma quelle che sono rimaste vengono studiate in tutto ol mondo, anche se gran parte di esse rimangono, purtroppo, inevite. L’università Cattolica di Lovanio(Belgio) studia i trattati di Astronomia di Barlaam. Studi sulle sue opere teologiche e di erudizione sono in corso in Italia, Grecia, India, Svizzera, Germania, Serbia, Russia, Canada.

Leonzio Pilato( XV sec.)

Detto il “Tessalo” per la conoscenza della cultura greca, fu maestro del Petrarca e del Boccaccio.
Traduttore dell’ iliade e dell’Odisea del greco al Latino, nacque a Seminara nel primo decennio del XIV secolo da genitorio di ceppo greco. Ricevette, come egli stesso sostiene, i primi insegnamenti di lengua e cultura greca da Barlaam che gli fu maestro.
Verso il 1341/2 lo troviamo a Napoli, dov’è conosciuto come grande esperto di Mitologia greca tanto da essere interpellato da Paolo da Perugia sull’interpretazione del Mito greco di Penteo e, quindi, dei Misteri di Dionisio. Verso il 1346/7 Leonzio Pilato, forse mandato da Barlaam a perfezionarsi nella lingua e letteratura greca, si reca nell’isola de Creta. Qui rimane per circa 10 anni e si procura da vivere tenendo lezioni per i figli della nobiltà veneziana, allora padroni dell’Isola. Ritornato in Italia attraverso Venezia, nell’inverno del 1358 lo troviamo a Padova dove acquisisce grande fama per la sua straordinaria capacità di tradurre dal greco, lingua allora quasi del tutto sconosciuta in Italia. Francesco Petrarca, che lì si trovava, possedendo un codice greco dell’Iliade, lo contattò perchè traducesse le opere immortali di Omero.
Leonzio iniziò la traduzione dei primi 5 libri dell’Iliade secondo la tecnica antica del verbum de verbo che mirava a far rispettare assolutamente I’ Opera altrui con una riverenza quasi sacra per la parola in se stessa e con note di spiegazione, ai margini, di tipo parafrastiche, esegetiche del testo. Questo modo di tradurre non piacque al Petrarca, che cercava più lo spirito piuttosto che la lettera traduzione, secondo i precetti di san Girolamo. Arrivato al verso 3401, Leonzio Abbandonò la traduzione dell’Iliade e decise di avviarsi ad Avignone, sdegnato dall’atteggiamento del Petrarca.
La partenza di Leonzio privava il Petrarca dalla possibilità di conoscere, nella lingua dei Latini, i Poemi Omerici, per questo ne parlò a Giovanni Boccaccio. Il Bocaccio, memore di avere conosciuto Leonzio attraverso le parole esaltanti di Paolo da Perugia, si mise sulle tracce del Seminarese e, dopo averlo ritrovato, lo convinse a seguirlo a Firenze e portare a termine la più straordinaria operarazione culturale del ‘300: la traduzione completa dell’Iliade e dell’ Odisea.
Bocaccio convinse la Repubblica di Firenze ad intituire la prima Cattedra di Lingua greca in Italia, e a dare a leonzio Pilato la direzione didattica e tenere pubbliche lezioni di lingua e tetteratura greca. Dal 1360 al 1362, Leonzio Pilato, per la prima volta al mondo, tradusse L’Iliade e L’Odisea (i codici studiati per primo dal Prof. Agostino Pertusi, preside della Facoltà di Lettere dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, sono conservati presso la Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia). Giovanni Boccaccio, che divenne il suo più affezionato allievo, traccia, nella Genealogia degli Dei Pagani, un ritratto di Leonzio emblematico ed esaltante: Faccia turpe, barba e capelli disordinati, sempre occupato in assidua meditazione, grande nella lingua e letteratura greca, archivio inesauribile di mitologia greca...
Sempre in quegli anni, Leonzio Pilato, chiamato dal Consiglio degli Anziani a Pisa, traduce in Latino il Digesto, la parte greca delle Pandette di Giustiniano. Per rendere cosa grata ed utile a Giovanni Boccaccio, intento a portare a termine I’Opera a carattere mitologico “La Genealogia degli dei Pagani” il grande Mitografo Seminarese traduce, dal greco in latino, I’Ecuba di Euripide, (icodisi sono conversati nella Biblioteca Nazionale medica di Firenze). Nell’estate del 1363, dopo aver soggiornato alcuni mesi a Padova, dove forse frequentava i corsi presso quello Studium Generale, reggiunse Francesco Petrarca a Venezia e vi soggiornò per tre mesi. Nei primi giorni di ottobre del 1363 s’imbarca per Costantinopoli, sulle orme del suo Maestro Barlaam. A Costantinopoli, stretta da ujn soffocante assedio da parte dei Turchi ed abbandonata dal suo destino dai Latini, Leonzio si ritrova, da subito, in estrema difficoltà, tanto da domandare aiuto economico a Petrarca per poter rientrare a Venezia. Richiesta di aiuto che non ricevette alcuna risposta.
Secondo ultimissime scoperte di codici di pugno di Leonzio Pilato fatte a Parigi, a Costantinopoli accettò di dare lezioni di latino signore, probabilmente nel quartiere di Galata.
Leonzio pilato traduce, dal greco al latino, il testo di filosofia , forse più difficile in assoluto:la Fisica di Aristotele e, in un momento di sconforto, egli dice di essere stato insignito di Laurea.
Leonzio Pilato morì, colpito da un fulmine, sulla una nave che lo stava riportando in Italia, quand’era ormai in vista del porto di Venezia, ai primi di Dicembre del 1365.
Negli ultimi decenni, la figura di Leonzio Pilato ha assunto, grazie agli studi di Agostino Pertusi prima, e di altri insigni studiosi dopo, un ruolo centrale ed importantissimo nella letteratura italiana, soprattutto in relazione alla nascita del pre-umanesimo in Italia.
E’ auspicabile che ulteriori Studi, che si stanno conducendo in Italia e all’estero, portino ad un inquadramento definitivo della figura e dell’opera del grande Seminarese, per restituirgli il ruolo che già Boccaccio e Petrarca gli diedero: quello di precursore, insieme a Barlaam, del pre-umanesimo Italiano.


Tradizioni


I giganti di Seminara: Mata (la principessa bianca) e Grifone (il principe moro), accompagnati dal cavallo ed un cammello, sono sicuramente I’attrattiva più spettacolare.
Altre tradizioni cittadine ultrasecolari sono anche i TAMBURINI e il PALIO.
I Tamburini richiamano tradizioni medioevali e rinascimentali di imitazione dello sfarzo esistente nei paesi ricchi del Nord.
Il Palio è il Gonfalone cittadino. E’un grande drapeo di seta Saura issato su un’asta alta 6 metri e simboleggia I’autonomia e I’orgoglio seminarese.
La danza dei Giganti, il giro dei tamburini e del Palio si svolgono durante i festeggiamenti della Madonna dei Poveri dal 10 al 15 agosto.
Altre iniziative di carattere folkloristico e culturale organizzate dall’Amministrazione Comunale e dalle Asociazoni cittadine sono:
1)Pascua “I’Affruntata”;
2)La festa della Madonna dei Poveri dal 10 al 15 agosto che richiama migliaia di fedeli e di turisti da ogni parte d’Italia;
3)Il “Corteo Storico” rievocativo, in costume d’epoca, dell’entrata di Carlo V a Seminara.
4)Ancora ad agosto, con cadenza non annuale, si tengono “La sagra dell’olio” e il Concorso Lirico Internazionale “V. Nostro”.

FESTA MADONA DEI POVERI
(Giorni 13-14 E 15 Agosto)

La processione si svolge ogni anno il 14 di agosto e richiama fedeli di ogni parte d’Italia e dall’estero.
Vari e richissimi sono i festeggiamenti in onore della Madonna dei Poveri, tra questi da citare gli spettacolari fuochi pirotecnici e le tradizioni di cui sotto si da ampio cenno.

I GIGANTI
(Giorni 10-15 Agosto)

Tra le varie manifestazioni popolari ancora vive a Seminara, la più spettacolare senza dubbio è la danza dei “Giganti”, due fantocci di carta pesta, alti circa 3 metri, portati in spalla da due uomini e fatti danzare al suono di tamburini in tutte le strade del paese durante la festa della Madonna dei Poveri. Il gigante nero, chiamato “GRIFONE”, raffigura il truce saraceno e “MATA”, nelle sembianze di una bella e posperosa popolana, sua preda. La loro danza è accompagnata da altri due fantocci: un cavallo ed un cammello. La loro origine è probabilmente araba e nella mitologia antica essi raffigurerebbero i fondatori della città di Messina; essi infatti sono presenti anche in Sicilia, in Sardegna ed in Spagna.
Si narra di un principe moro che grunge sui lidi del nostro Sud, rapisce la bellisima fanciulla Bianca e la conduce nel suo palazzo in terra d’Africa, dove ci sono cavalli, cammelli schiavi(nel nostro dialecto: ‘u scavuzzu = lo schiavo).
I giganti quali simbolo di libertà vennero adottati in mlte città non solo siciliane ma anche della Calabria che, come Messina, avevano subito devastazioni saracene e turche. Mentre nel tempo scomparvero a Reggio Calabria ed in altri centri, sopravvivono ancora oggi oltre che a Seminara a Tropea, Spilinga, Dasà, Brognaturo e Palmi.

I TAMBURRINI
(Giorni 10-15 Agosto)
I Tamburini sono anch’essi, un adattamento “povero” di usi medievali e rinascimentali. Il popolo, privo di mezzi più adeguati, “imita” a modo suo, le sfilate, ben altrimenti ricche, multicolori e sfarzose, offerte dai tamburini della città comunali del Nord. Inoltre, nell’intento di arricchire il modesto quadro, I’ingegno popolare ha pensato bene di prendere in prestito qualche elemento del folklore di Napoli(il “capo tamburo”).

IL PALIO
(Giorni 10 – 15 Agosto)
E’il gonfalone cittadino. Grande drappo di seta azzurra issato su un asta alta circa 6 metri, era il simbolo dell’autonomia di Seminara e, verosimilmente, costituiva, in un’epoca di rigide stratificazioni e differenziazioni sociali, il collante in grado di unire in un unico sentimento di forte orgoglio campanilistico i più disparati ceti sociali della comunità Seminarese. Le origini del Palio tuttavia vengono ridotte ai rapporti che alcune città toscane.
Infatti, la lavorazione della seta nella fiorente Seminara, aveva consentito la creazione di un legame con Siena e Firenze ove, da tempo remoto, si praticava I’usanza del palio, ovverosia dello sbandieramento di una grossa e lunga asta di legno con su attaccato un grande drapeo di stoffa colorata. E furono proprio alcuni commercianti toscani di seta che portarono a Seminara I’uso dello sbandieramento.
Nel tempo esso ha subito delle modificazioni ed oggi il suo uso, exclusivamente praticato in occasione della festività della Madonna dei Poveri, si limita a far volteggiare, ad intervalli vari di tempo e nelle piazze o nei larghi spazi, I’asta ed il dappo. Il “giro” del Palio, al ritmo dei tamburi, è fiero e fisicamente oneroso (viste le dimensioni dell’asta) privilegio pressoché secolare di una famiglia seminarese.

CORTEO STORICO CARLO V
(Prima Decade di agosto)

Il novembre 1535, I’Imperatore Carlo V, al retorno della victoriosa campagna contro i pirati Turcheschi e la presa di Tunisi, entrò triunfalmente a Seminara, allora la più potente, populosa e ricca Città della Calabria Ultra 1º.
I cronisti dell’epoca raccontano che I’Imperatore fu accolto “trionfalemente, accompagnato da baroni e da altri Signori di queste contrade, sotto un baldacchino di broccato ed in mezzo a grandissima e tripudiante calca di gente seminarese e delle terre vicine, insieme con il clero in processione, cantando lodi;e al suon a festa delle campane, e a spari di gioia, sempre preceduto da trombettieri” ecc. (G. Fiori. “Della Calabria Illustrata”).
Il Corteo rievocativo, che si tiene fin dal 1995, è composto da circa 200 figuranti, in costumi rigorosamente d’ epoca, con un nucleo central eche ricostruisce la Corte Imperiale. Il Corteo ha il suo finale nella piazza della Città, dove si svolge uno stupefacente spettacolo che farà rivivere i fasti e la magia dell’epoca rinascimentale. Carlo V quando venne a Seminara aveva 35 anni ed era al massimo della sua potenza.
Ricambiò I’accoglienza ricevuta e I’ospitalità, emettendo, a favore dei cittadini, ben 220 decreti di privilegi. Donò alla Città lo Stemma Araldico della Sua famiglia del ramo spagnolo, I’unico esistente in Italia e che si può ammirare nella Chiesa di Sant’Antonio dei Pignatari, al Borgo.
La rievocazione del Corteo Storico è riuscita ad attirare I’attenzione sull’inmenso patrimonio artistico della Città, incrementando le preseze di un turismo culturale alla recerca di novità assolute e dàrtigianato originale di cui Seminara MENA vanto; negli anni si sono concretízate publicación di libri, guide e, nei testi specializzati nel settore, documenti inediti e ricerche sulla Storia del Paese; I’emissione, nel 1998, di un francobollo natalizio da parte delle Poste Italiane, raffigurante la Pala della Natività conservata nella Chiesa di San Marco e la sponsorizzazione, da parte della Telecom Italia, nel 1995 e 1998, nelle copertine degli elenchi telefonici, di alcune opere d’arte di Seminara e, con esse, delle famiglie nobili del tempo con il relativo stemma.

SAGRA DELL’OLIO
(Prima Decade Di Agosto Cadenza Non Annuale)
La sagra si caratterizza per la esibizione e gustazione della prelibatezza dei prodotti gastronomici(Zeppole, peperonata, pasta struncatura, pane arrostito) di cui è parte fondamentale I’olio prodotto a Seminara. Sono riconosciute all’olio prodotto dagli ulivi secolari di Seminara particolari proprietà organolettiche tali da farne un prodotto unico nel panorama italiano.

LA CERAMICA DI SEMINARA
1. Il valore della Tradizione
Nel panorama della lavorazione della terracotta in calabria, Seminara reppresenta I’optimum per il suo genere di produzione che si caratterizza per le sue forme originali, per certi versi bizzarre, e la vivacità dei colori.
Seminara rappresenta un vero centro d’arte, i “maestri pignatari” lavorano I’argilla ancora secondo la più antica tradizione con pochi strumenti e molta fantasia, le loro mani plasmano con gesti rapidi e sicuri le forme più estrose:
Maschere, fiasche, borracce modellate a forma di tarallo, di colomba, di riccio di pesce o di paladino, di gendarme o di re che nell’irriverente gergo dialettale si chiamano “babbuini” e poi ancora ancore, utensilio e vasi.
Proprio perché modellato “a mano” ogni pezzo è “unicum” con evidente qualità rispetto alla produzione di serie. Colori, decoración, ornamenti richiamano antiche leggende, rituali magici ed allegorie.

2. Usi e Costumi dei ceramisti di Seminara
Le tradizioni della ceramica seminarese affondano le loro radici nella storia della Calabria, in particolar modo, del periodo magno- greco.
L’indubbia grecità di Seminara (P. Batiffol in “L’Abbaye de Rossano”, Picard- Paris, 1891, pg. XXXII: “Seminara etait peuplèe exclusivament de Grecs”), ha influenzato non solo la cultura, la storia e I`’artigianato. E’possibile riconoscere nelle forme delle cortare, o maschere seminaresi, i tratti tipici dello stile ellenico.
La ricchezza di materia prima presente sul territorio della cittadina, ha sicuramente favorito lo svilupo della lavorazione dell’argilla. La creta, sia rossa che Bianca, era presente in grandi quantità nelle contrade S. Antonio e Ponte Vecchio; come pure gli elementi essenziali per comporre smalti e ossidi: La vetrina e la silice erano reperite a Seminara o nelle zone limitrofe(Gambari e Tropea)
Gli artigiani lavoravano e mescolavano, con sapiente e antica maestria , quanto il territorio offriva, ricreando i colori classici della tradizione(verde, giallo e blu) e riproducendo quelle forme tramandate loro dai padri.
Chi oggi ha la fortuna di visitare le antiche botteghe artigiane di Seminara, troverà al loro interno gli attrezzi che in passato erano utilizati per rompiere tutta quella serie di operazioni necessarie alla realizazione dei manufatti. Di estremo interesse e bellezza è il formo per la cottura della ceramica.
Esso ha forma di pozzo, ed è diviso in due livelli di cui il primo, in basso, costituise la camera da fuoco, collegata con dei fori al secondo livello adibito a camera di cottura. Le dimensioni del forno variavano da bottega a bottega, ma non superavano mai i 2 metri di profondità e 1,80 metri di diametro. Il materiale con cui era construito I’impianto era costuito da mattoni di terracotta legati insieme da una miscela d’argilla e terra chiamata “maddu”. Il combustibile utilizzato nella formace era composto da legna(castagno e ulivo) e sanza; due elementi che spesso venivano impiegati nella combustione. Alcuni artigiani facevano uso anche dei tralci della vite. Le ceramiche seminaresi possono essere divise in due grandi categorie, utensili e artistici: i primi erano gli oggetti d’uso quotidiano(bicchieri, piatti, tegole, bombole ecc.); mentre i secondi avevano un significato popolare-animistico-religioso. A quest’ultima categoria appartengono il babbaluto(simboleggiante ad esempio, il sesso maschile), flaskokrùkella, o bombola circolare(simboleggiante il sesso femminile), il gabbacumpari e le maschere apotropaiche, queste ultime belle tanto quanto più brutte, concepite per proteggere dal maligno. Da un’omelia di Luca, vescovo greco di Bova a cavallo dei secoli XI e XII, apprendiamo che I’alto prelato invitava i fideli, soprattutto gli uomini, a non servisi più della flaskokrukella nei loro divertimenti scurrili o nel gioco, ozioso e pericoloso, della passatella, poiché il vino contenuto nella “bombola circolare” e da loro bevuto avidamente annebbiava la mente e spingeva spesso al delito. A giusta regione la flaskokrukella può definirsi una delle forme più antiche della ceramica seminarese.
3. L’ARTE CHE DIVENTA IMMORTALE
L’arte della ceramica a Seminara è quella di mantenere la tradizione, una tradizione fitta di misteri che si tramanda nei secoli e che ancora oggi fa vibrare I’anima.
Si narra, in particolare, di un incontro fatto a ventimiglia da un artista locale durante una sua esposizione:…un uomo gli si avvicinò per observare la ceramica di Seminara e disse “queste opere sono concepite da mani che sono dóro ed esprimono un passato che non c’è più ma che grazie a queste opere continuerà a vivere” …quest’uomo era PABLO PICASSO; volle comprare alcune opere che oggi si possono trovare in Francia al Museo Antibe ed in Canada al Museo di Toronto.
Altre opere sono rinvenibili a Firenze presso il Museo delle Tradidiosi; altre ancora sono esposte nel Museo del Vaticano.